I progetti legati alla digitalizzazione del settore culturale procedono nel nostro paese già da diverso tempo, e ancor più speditamente a seguito degli investimenti europei che hanno portato la transizione digitale tra i principali punti in programma nelle agende nazionali.
Da oltre un anno la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali propone appuntamenti, in presenza e online, che incoraggiano il confronto sui temi legati alla digitalizzazione tra una pluralità di attori coinvolti, con l’obiettivo di creare delle comunità di pratica ampie e trasversali ai diversi territori italiani e favorire l’acquisizione di un linguaggio comune per parlare di trasformazione digitale.
Funzionari, tecnici, dirigenti, amministratori pubblici sono stati invitati quest’anno a partecipare a diversi tavoli di lavoro nella cornice della XX edizione di LUBEC – Lucca Beni Culturali, che si è svolta il 9 e 10 ottobre.
I temi affrontati, individuati da una preventiva fase di consultazione con gli stessi partecipanti, sono stati tre: la digitalizzazione del patrimonio culturale, la progettazione di servizi digitali per il patrimonio, e il Building Information Model (BIM) come strumento già in uso all’interno delle organizzazioni culturali per la gestione degli interventi di restauro sul patrimonio e la manutenzione dello stesso patrimonio architettonico, che diventerà obbligatorio dal 1 gennaio 2025 per interventi su edifici classificati come beni culturali nell’ambito di specifiche soglie di valore del progetto.
I partecipanti, guidati da esperti e facilitatori, hanno esplorato nelle due giornate di lavori i temi e le questioni proposte, con l’obiettivo di individuare soluzioni praticabili a criticità condivise per ideare percorsi laboratoriali utili a reindirizzare i processi di lavoro e armonizzarli rispetto alla pluralità degli attori coinvolti nella trasformazione digitale.
Il tema della digitalizzazione del patrimonio culturale – e la connessa creazione di risorse digitali – è stato affrontato in due tavoli di lavoro, in cui tra le esigenze prioritarie è emersa quella di sviluppare una visione d’insieme dei processi di digitalizzazione. Spesso, infatti, ci si trova a lavorare su singole attività della digitalizzazione senza poter comprendere come il proprio contributo si colleghi al quadro generale.
«Questa visione frammentata rende difficile capire come le diverse fasi del “ciclo di vita” della risorsa digitale si integrino a vicenda.» ha notato Marianella Pucci durante la conduzione di uno dei tavoli di lavoro e ha aggiunto «c’è un forte bisogno di formazione che aiuti a sviluppare una consapevolezza più completa, per poter lavorare in modo sinergico, sapendo chiaramente chi fa cosa e come tutte le competenze si integrino, contribuendo al risultato finale.»
La frammentarietà della visione è spesso dovuta alla complessità strutturale del settore culturale italiano. Gli stessi partecipanti hanno infatti evidenziato come «chi lavora nelle istituzioni culturali conosce bene la diversità, la varietà e la molteplicità in cui esse sono suddivise. Esse possono essere guidate da Enti di diritto pubblico (Ministeri, Regioni, Comuni), oppure essere espressione di enti di diritto privato con pratiche e procedure differenti. Inoltre, nella stessa istituzione, possono esserci profonde differenze e caratterizzazioni che contraddistinguono ciascuna, si pensi ad esempio alle differenze che possono contraddistinguere le biblioteche di pubblica lettura da quelle di conservazione» ha spiegato Michele Atzei, responsabile sezione periodici della Biblioteca Panizzi del Comune di Reggio Emilia.
Ad essere avvertito come ugualmente prioritario è stato il tema della sostenibilità dei progetti, in particolare avviandoci adesso verso le fasi conclusive dei tanti progetti finanziati nell’ambito del PNRR. Cosa sarà delle risorse digitalizzate nell’epoca post-Piano Nazionale di Digitalizzazione (PND)? Quali buone pratiche di riferimento per progettualità apri-pista come nel caso della gran parte dei progetti di digitalizzazione? «Sostenibilità non solo economica, sociale ed ambientale, ma anche professionale, ovvero i progetti devono essere realizzabili e supportati da un know-how garantito, che permetta di operare in sicurezza, rendendo solidi e duraturi i risultati raggiunti» ha detto Valeria Ersilia Trevisan, direttrice Biblioteca provinciale italiana “Claudia Augusta”, Provincia autonoma di Bolzano/Alto Adige.
Infine, un ultimo aspetto emerso ha riguardato la necessità di sviluppare dei momenti di dialogo permanente tra i decisori politici e gli attuatori effettivi dei progetti di digitalizzazione, in ottica di reciproco apprendimento e presa di consapevolezza rispetto ai processi di lavoro.
«Soprattutto quando ci si impegna in progetti straordinari, dove mancano esempi pregressi, diventa molto importante una condivisione di buone pratiche e di soluzioni individuate e testate. Il confronto e anche l’apprendimento sono più veloci ed incisivi, in quanto condivisi. Una Pubblica Amministrazione attenta e in grado di porsi come avanguardia delle novità può e deve fornire per prima gli strumenti ai cittadini ed alle cittadine per comprendere la realtà e parteciparvi attivamente» ha detto ancora Trevisan.
A partire da queste riflessioni condivise, i partecipanti sono giunti quindi alla definizione di 2 diverse proposte laboratoriali, che saranno sviluppate nei prossimi mesi per indirizzarle poi a funzionari, dirigenti e più generalmente ai responsabili di progetti di digitalizzazione che operano nel pubblico e nel privato.
Gli obiettivi formativi individuati da entrambe le proposte sono stati:
- Condividere linguaggi, metodi e strumenti della digitalizzazione;
- Coordinare l’interazione tra figure specialistiche e competenze di dominio;
- Imparare a gestire progetti complessi di digitalizzazione, dall’ideazione alla rendicontazione;
La formazione potrebbe essere molto utile a rendere più chiaro il contributo delle varie professionalità coinvolte nei progetti di digitalizzazione. Trattandosi spesso di attività articolate, che richiedono competenze culturali, tecniche e gestionali, comprendere il ruolo e il contributo di ciascuna figura è fondamentale.
I partecipanti hanno immaginato allora di offrire attività formative che consentiranno non solo di apprendere le tecniche della digitalizzazione per dominio e saper progettare un processo completo di digitalizzazione, ma allo stesso tempo, mantenendo uno sguardo ampio e globale, sarà utile acquisire tecniche e strumenti di PCM e comprendere chi sono gli altri attori dell’ecosistema digitale, sia nella propria regione che nelle altre. E infine assumere un glossario condiviso: sarà allora che ciascun progetto di digitalizzazione del patrimonio diverrà significativo per tutti i contribuenti del settore culturale italiano.